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TERAPIA DELLA DEPRESSIONE, DELL'ANSIA E DEGLI ATTACCHI DI PANICO

Alla domanda di un QUESTIONARIO, dove si chiedeva di descrivere come fossero stati affrontati i casi di depressione, ansia e attacco di panico da familiari, amici o conoscenti di chi compilava il questionario.
Le risposte alla domanda indicano, dunque, il comportamento messo in atto nelle situazioni in
cui si dovevano gestire le suddette PATOLOGIE. Il campione riferisce che, dovendo affrontare la TERAPIA di uno dei DISTURBI PSICHICI considerati, i pazienti si sono rivolti prevalentemente al MEDICO di base (23%); a seguire, nell'ordine, si sono rivolti al NEUROLOGO (19%); allo PSICOLOGO (16 %); a una terapia combinata psicologica e FARMACOLOGICA (14%); a una STRUTTURA OSPEDALIERA o CASA di CURA (6%); ad altra forma TERAPEUTICA non precisata (11 %).
In circa 1/4 dei casi è quindi il MEDICO di base la figura cui il PAZIENTE chiede aiuto in prima
battuta.
Possiamo ritenere che ciò sia dovuto al rapporto di fiducia esistente tra MEDICO e PAZIENTE.
Il tipo di INTERVENTO è ovviamente dipendente dalla preparazione e dalla conoscenza che il
medico ha nell’ambito dei DISTURBI DEPRESSIVI, ANSIOSI e di DAP.
Purtroppo capita a volte, anche se raramente, che il medico stesso sia preda dei più comuni pregiudizi che avvolgono questi disturbi nell’immaginario collettivo e che quindi la sua risposta alla richiesta di aiuto sia GENERICA o inadeguata, del tipo “basta che ci metta un po' di buona volontà”, o “si rimbocchi le maniche” o si dia da fare ecc...
Nella maggior parte dei casi i pazienti sono più fortunati; hanno un medico di base informato
e in grado di impostare in prima battuta un INTERVENTO FARMACOLOGICO corretto, accompagnato da utili consigli pratici e, in seconda battuta, di fornire le indicazioni per rivolgersi allo specialista di tali disturbi.
Considerando la figura del NEUROLOGO, PSICOLOGO e PSICHIATRA (le cui qualifiche e le competenze sono specificate di seguito), vediamo che il NEUROLOGO occupa il primo posto nelle preferenze delle CONSULTAZIONI (19%), lo psicologo il secondo (16%) mentre
lo psichiatra è buon ultimo (11%).
Cerchiamo di commentare questi dati, dopo avere sottolineato il fatto che, in realtà, è lo
psichiatra lo specialista cui compete la cura dei disturbi di cui stiamo trattando.
Fino a non molto tempo addietro, il termine comunemente usato per descrivere i disturbi
depressivi, ansiosi o DAP era “ESAURIMENTO NERVOSO”.
Nell’immaginario collettivo “ESAURIMENTO NERVOSO” evocava l’immagine di un “ESAURIMENTO DI NERVI”, che finiva per essere ritenuto l’ESSENZA di questi disturbi ed è consequenziale a ciò il fatto che il neurologo era ritenuto (e lo è ancora adesso) lo specialista cui compete la terapia dei suddetti disturbi.
Il risultato pratico è quello di costringere il neurologo a svolgere la maggior parte della propria ATTIVITA' LAVORATIVA facendo lo psichiatra e di dedicare invece uno spazio ridotto alla cura di quei DISTURBI ORGANICI (NEUROPATIE, EPILESSIE, CEFALEE ecc...) che il
CORSO di SPECIALIZZAZIONE di NEUROLOGIA lo ha preparato a CURARE.
La seconda scelta di preferenza, dopo il neurologo, è nel 16% dei casi lo psicologo.
Possiamo ritenere che ciò sia dovuto al fatto che, anche grazie all’aumento delle informazioni
e delle conoscenze, continui a DIFFONDERSI la CONSAPEVOLEZZA che i disturbi depressivi, ansiosi o DAP non siano la risultante di mere ALTERAZIONI BIOCHIMICHE CEREBRALI ma che la loro origine può essere determinata dalla presenza di PROBLEMATICHE PSICOLOGICHE INTRAPERSONALI e/o
INTERPERSONALI.
La cura allora consiste in una presa di coscienza di tali problematiche e nella correzione di aspettative e/o atteggiamenti nei confronti di se stessi e degli altri: lo psicologo è un valido aiuto per potere raggiungere tali scopi.
Buon ultimo è lo psichiatra, consultato solo nell’11% dei casi.
Questa figura professionale è ancora oggi gravata da una serie di elementi pregiudiziali che la
rendono inquietante.
Nell’immaginario collettivo è il MEDICO DEI MATTI, per cui rivolgersi allo psichiatra equivale
a rientrare nel numero di “matti”.
Lo psichiatra evoca l’immagine terrifica della follia ed è anche quello che dà gli PSICOFARMACI, quei prodotti cioè che “intontiscono, fanno perdere la padronanza di sè” (altro pregiudizio).
Con tutto questo carico pregiudiziale, non c’è da stupirsi del fatto che lo psichiatra fatichi a
conquistare il ruolo di un MEDICO SPECIALISTA dei DISTURBI EMOTIVI, quello cui è opportuno rivolgersi in prima battuta quando questi disturbi cominciano a presentarsi.
Un’ ultima osservazione su quell’11% connotato genericamente come “altri tipi di
intervento”.
Si tratta di fasce di PAZIENTI che, totalmente privi di conoscenze e informazioni adeguate, sono preda di una visione magico-misteriosa dei disturbi emotivi e che, appunto per questo, finiscono per rivolgersi in ambiti magici (CARTOMANTI, MAGHI ecc...) per la loro cura, il più delle volte con risultati tragici.
Per maggior chiarezza, vengono di seguito indicate le competenze delle diverse professioni
dell’area “psi”.
NEUROLOGO: Medico specialista in neurologia: si occupa dello studio e della cura del sistema
nervoso, (nei suoi aspetti anatomici, fisiologici e patologici), con esclusione dei disturbi
nevrotici e psicotici. Utilizza farmaci.
PSICHIATRA: Medico specialista in psichiatria: si occupa dello studio, della prevenzione e della
cura dei disturbi psichici. Utilizza farmaci.
PSICOLOGO: Dottore in psicologia abilitato all’esercizio della professione.
Si occupa degli aspetti teorici ed applicativi della psicologia in diversi ambiti (età evolutiva, clinica, lavoro, sperimentale).
Nella clinica si occupa di diagnosi e prevenzione del disagio.
Non utilizza farmaci.
PSICOTERAPEUTA: Medico o psicologo specializzato in psicoterapia, che è una forma di cura
dei disturbi psichici basata su determinati principi e tecniche, (diversi a seconda
dell’orientamento teorico di riferimento).
Mira al miglioramento della conoscenza di sé da parte del paziente e al superamento dei disturbi attraverso la presa di coscienza dei meccanismi psicologici che li determinano.
Non utilizza farmaci.
PSICOANALISTA: Medico o psicologo che, dopo anni di addestramento specifico, utilizza la
psicoanalisi.
Si tratta di una tecnica psicologica e psicoterapeutica basata sulla relazione e finalizzata alla conoscenza del mondo interno del paziente e dei meccanismi psicologici inconsci che ne determinano il comportamento. Non utilizza farmaci.

EPIDEMIOLOGIA

L'EPIDEMIOLOGIA è lo studio della DISTRIBUZIONE, dell'incidenza, della prevalenza e della durata di una MALATTIA. In PSICHIATRIA, l'epidemiologia mira alla COMPRENSIONE delle cause, del TRATTAMENTO e della PREVENZIONE dei DISTURBI della PSICHE.
La maggior parte degli studi epidemiologici evidenzia che circa un terzo della POPOLAZIONE ha
avuto o avrà nel CORSO della sua VITA un DISTURBO PSICHICO, e tra questi, i più DIFFUSI sono i DISTURBI d'ANSIA e quelli di tipo DEPRESSIVO (Kaplan, Sadock, Grebb, 1997).
L'epidemiologia permette di correlare i DATI CLINICI PSICHIATRICI con variabili sociografiche quali, per esempio, ETA', SESSO, condizione PROFESSIONALE, ecc.
Tra le acquisizioni più RECENTI della DISCIPLINA, tanto per fare un esempio, si annovera il fatto che i disturbi psichici colpiscono maggiormente chi ha meno di 45 ANNI e, nel caso dei
disturbi d'ansia e di quelli depressivi, maggiormente le DONNE.
Briscoe (1982) in uno STUDIO ha evidenziato che le donne identificano i propri SINTOMI meglio degli UOMINI e li esprimono meglio.
Lo studio NIMH Epidemiologic Catchment Area che citiamo (essendo probabilmente il più
importante) ha cercato di identificare precisamente prevalenza e incidenza dei disturbi
mentali nella POPOLAZIONE AMERICANA.
Presentiamo alcuni RISULTATI dello studio menzionato per quel che riguarda le CATEGORIE
DIAGNOSTICHE di cui ci stiamo occupando: i disturbi depressivi colpiscono il 17,4% della
popolazione americana nell'arco della vita; se a questi si aggiungono i disturbi d'ansia
(comprese FOBIE e PANICO), si raggiunge addirittura il 31,2% sempre nell'arco della vita.
Da uno STUDIO epidemiologico effettuato in ITALIA a cura dell'ORGANIZZAZIONE MONDIALE della SANITA' pubblicato nel 1994 emerge che il 15-20% della popolazione italiana è affetta da disturbi di tipo depressivo e che tale PERCENTUALE sale al 40-50% quando si considera la SINTOMATOLOGIA depressiva associata a quella ansiosa e ai disturbi di attacco di panico.
Nel nostro questionario è stato chiesto di indicare se tra i propri familiari, amici e conoscenti
vi fossero persone che hanno sofferto, o soffrono, di tali DISTURBI.
Le risposte date sembrano confermare l'ipotesi che tali disturbi siano molto diffusi tra la popolazione.
Il 32% delle persone ha indicato di avere o di aver avuto in famiglia una, due o
tre persone AFFETTE da SINDROME DEPRESSIVA.
Il 5% di avere o aver avuto in famiglia una o due persone che hanno sofferto di attacchi di panico. Il 25% hanno indicato di avere o aver avuto in famiglia una, due, tre o anche
quattro COMPONENTI sofferenti di disturbi d'ansia.
Nella cerchia di amici e conoscenti il 41% delle persone ha indicato di aver avuto contatti con almeno una persona (spesso più di una) che ha sofferto o soffre di depressione.
Il 13% ha dichiarato di conoscere da 1 a 3 persone sofferenti di disturbo da attacco di panico. Infine il 30% ha conosciuto da 1 a 5 persone che SOFFRONO di ANSIA.

DEFINIZIONE DI ATTACCHI DI PANICO

L'ATTACCO di PANICO è definibile come un episodio ACUTO di ANSIA ad insorgenza improvvisa e di breve durata che tende a ripetersi nel TEMPO.
Gli ELEMENTI COSTITUTIVI di un attacco di panico sono riconducibili all’improvvisa comparsa dei SINTOMI PSICHICI e NEUROVEGETATIVI (APPRESSIONE, PAURA, TERRORE, SENSO di MORTE imminente, TIMORE di perdita di CONTROLLO sulle proprie idee o AZIONI;difficoltà RESPIRATORIE, PALPITAZIONI, DOLORE TORACICO, SENSAZIONI DI SOFFOCAMENTO, VERTIGINI, VAMPATE di CALORE e BRIVIDI di FREDDO..., alla brevità della CRISI, all’inspiegabilità della sua INSORGENZA, all'ANSIA ANTICIPATORIA (TIMORE
che la CRISI possa ripetersi) e all'evitamento di quei LUOGHI ASSOCIATI al manifestarsi della crisi.
Le risposte delle PERSONE si rifanno per un buon 65% alla definizione corretta dell'attacco di
panico come "un episodio ACUTO di ANSIA, improvviso, breve e ricorrente".
Il 10% ritiene invece che esso consista in "una mancanza di CORAGGIO" sottovalutando quindi
il fatto che l'insorgere di un ATTACCO di PANICO non è gestibile in quanto esso si comporta come una reazione "TUTTO o NULLA" che sfugge ad ogni controllo di tipo RAZIONALE.
Anche in questo caso, come in precedenza per la depressione e per l’ansia, è presente l’erronea TENDENZA a ritenere che, mediante uno SFORZO volontaristico e CORAGGIOSO, il DISTURBO possa essere superato.

DEFINIZIONE DI ANSIA

L’ansia può essere descritta come un affetto che differisce da tutti gli altri per specifiche
caratteristiche sgradevoli.
Essa presenta un versante SOMATICO (attività CARDIACA accelerata, DISTURBI VASOMOTORI, disturbi RESPIRATORI, disturbi della MUSCOLATURA striata, ecc.) ed un versante psichico.
Quest'ultimo comprende un atteggiamento interno, CONSCIO, specifico e uno
stato emotivo caratterizzati da: una sensazione fisica e MENTALE DOLOROSA di IMPOTENZA
personale, un presentimento di pericolo imminente e quindi inevitabile, uno stato di ALLARME
fisicamente logorante come se si stesse per affrontare un'EMERGENZA, un ripiegamento assorto e preoccupato su se stesso che impedisce una soluzione efficace e vantaggiosa dei problemi
reali, un dubbio irrisolvibile concernente la NATURA della minaccia, la probabilità del suo
effettivo attuarsi, i MEZZI migliori per ridurre o eliminare il male, la propria capacità
soggettiva di fare un uso efficace di tali mezzi se e quando l'emergenza si presentasse.
Si nota che in una percentuale del 54% le persone hanno correttamente definito l'ansia come
"uno stato di TENSIONE EMOTIVA accompagnata da SINTOMI FISICI".
Non sfugge all'attenzione la componente emotiva del DISTURBO che ne fa una situazione soprattutto PSICHICA, non definibile, quindi, come MALATTIA fisica.
Va segnalato il fatto che il 28% delle persone sottolinea l’aspetto di “eccessive
PREOCCUPAZIONI” dello stato ANSIOSO.
Tale definizione, mettendo l'accento solo sull'aspetto di PREOCCUPAZIONE, sembra descrivere
l'ansioso come una persona incapace di far fronte alle situazioni QUOTIDIANE e alle difficoltà
della vita perché emotivamente fragile.
"Basterebbe preoccuparsi meno": questa sembra
essere la terapia consigliata da chi ha scelto questa risposta.
Anche in questo caso, come già
per la DEPRESSIONE, il rischio è quello di sminuire il vissuto di profonda SOFFERENZA ed
impotenza di cui è preda chi subisce la CRISI d'ansia.
Si può affermare inoltre che l'ATTIVITA' lavorativa ha INFLUENZA sul definire in modo corretto l'ansia: INSEGNANTI e STUDENTI sono le CATEGORIE maggiormente informate.
Relativamente alla variabile SESSO si rileva anche che sono soprattutto le donne a ritenere che l'ansia sia un particolare stato di TENSIONE EMOTIVA (65% delle DONNE contro il 34% degli
UOMINI).
Il dato in questione, viene confermato da diversi STUDI che mettono in evidenza il fatto che i
DISTURBI d'ansia e quelli DEPRESSIVI colpiscano le donne in rapporto 2:1 rispetto agli uomini. Le donne forse sono più capaci di riconoscere la dimensione emotiva del SINTOMO che, per
contro, viene vissuta come maggiormente STIGMATIZZANTE dagli uomini.

DEFINIZIONE DI DEPRESSIONE

La depressione risulta essere, per il 33% delle persone che ne soffrono, "una malattia sia fisica che psichica";
per il 24% "una malattia solo psichica" e per l’ 11% "una mancanza di volontà".
Meno di un terzo delle persone (28%) riconosce nel "disturbo del tono dell'umore" quella che
è la peculiarità clinica della depressione.
La depressione consiste infatti in un disturbo caratterizzato da abbassamento del tono
dell'umore, senso di dolorosa tristezza, difficoltà del pensare e rallentamento psicomotorio.
È uno stato patologico di sofferenza e di colpevolezza psichiche coscienti, accompagnate da una
notevole riduzione del senso di autovalutazione e da una diminuzione dell'attività mentale e
psicomotoria.
Il dato importante che emerge dalle risposte delle persone consiste nel fatto che circa il 57%
degli intervistati considera la depressione come uno stato di malattia (solo psichica o sia
psichica che fisica).
Il dato è significativo perché segnala una tendenza culturale
estremamente importante: il disturbo depressivo comincia ad abbandonare i territori del
mistero, del magico e della vergogna e si avvicina a quelli della scienza medica e quindi della
cura.
Intendere il disturbo depressivo come malattia è infatti la premessa necessaria e
indispensabile per il consulto del medico.
Ciò rende quindi possibile l’approccio corretto ad una terapia specifica ed ottenere, con i moderni rimedi farmacologici, una remissione della fase depressiva acuta nel giro di 4-6 settimane.
Sempre dal punto di vista terapeutico sembra essere, invece, problematico quell’11% delle
pesone che definisce la depressione come "mancanza di volontà".
Il disturbo depressivo assume in questo senso una dimensione che sembra fare del depresso una "persona senza spina dorsale", accentuando così l'elemento autosvalutante e colpevolizzante già di per sé presente nel quadro sintomatologico del disturbo stesso.
Occorre specificare che in psichiatria la volontà è intesa come "la quantità di energia psichica
che l'individuo ha a disposizione".
Caratteristica dell'episodio depressivo è proprio una netta riduzione della quantità di energia psichica a disposizione del soggetto: risulta quindi evidente come non si possa puntare sulla volontà per il superamento di una crisi depressiva.
Il ritenere che mediante la volontà sia possibile vincere la depressione è uno dei pregiudizi più
diffusi e di riscontro molto frequente nella pratica clinica giornaliera e non ci stancheremo
mai di ripetere che ciò non solo è falso, ma è anche dannoso per chi è già sofferente.

Depressione,ansia e DAP

DEPRESSIONE, ANSIA, ATTACCHI DI PANICO: un labirinto dove è facile smarrirsi, un mondo sospeso tra MALATTIA FISICA, malattia SPICHICA, problema morale e dramma esistenziale.
Presso i primitivi quelli che oggi possono essere definiti disturbi PSICOFISICI venivano connotati come "perdita dell'anima" ad opera degli spiriti. L'intervento terapeutico era affidato agli SCIAMANIche, ingaggiando una lotta con gli spiriti maligni, si rimpossessavano dell'anima rapita e la restituivano al legittimo proprietario.
In epoca contemporanea, con l'avvento degli PSICOFARMACI, questi disturbi rischiano di venire ridotti a disfunzioni della BIOCHIMICA CEREBRALE.
Da sempre, quindi, l'atteggiamento nei confronti di questi disturbi oscilla tra il considerarli ora malattie del corpo/cervello, ora malattie dello spirito/anima.
Oggi le cose non sembrano essere mutate di molto: questa è la percezione che negli operatori dei Centri per la Ricerca sulla Depressione , è derivata dal contatto quotidiano con i pazienti colpiti da questo tipo di disturbi: spesso giungono nei Centri dopo lunghi pellegrinaggi tra figure professionali di vario tipo (...si spazia dal NEUROLOGO al MAGO!).
L'impressione è che coloro che hanno la sfortuna di ritrovarsi DEPRESSI, ANSIOSI, o sofferenti di attacchi di panico non siano in possesso di sufficienti informazioni circa i disturbi di cui
soffrono, non riescano a definirli e non sappiano a chi rivolgersi.